In questa rubrica abbiamo già discusso del burnout, una condizione di stress eccessivo presente quando si è costretti ad affrontare uno sproporzionato carico di lavoro. Esiste però anche la condizione diametralmente opposta: ossia quando le attività si riducono, o perché sono state tutte portate a termine, o perché si attraversa un periodo dove si lavora di meno (come ad esempio quando si avvicina l’estate e la maggior parte delle attività chiudono per ferie). In questi scenari, il lavoratore attraversa una fase non di logoramento fisico/mentale, ma vive uno stato di profonda demotivazione e noia nei confronti del proprio lavoro. Questa condizione è chiamata sindrome del bore-out.
Ma procediamo con ordine.
Vivere una condizione di bore-out non è quasi mai sinonimo di un aspetto caratteriale legato alla pigrizia. Il bore-out infatti è un fenomeno molto più complesso, che va compreso e analizzato con cura.
Il bore-out, come anticipato nell’apertura, è uno stato di noia cronica che si estende anche oltre la propria attività lavorativa e risulta talmente pervasivo e dall’impatto così importante sulla vita del lavoratore, che può portare a stati di depressione o di ansia, accompagnati da malessere fisico come emicranie continue e/o insonnia. Questa sindrome può colpire tutti, dall’impiegato di ufficio al top manager.
Tutti questi aspetti sul lungo termine incidono sia sul livello di produttività che sulla qualità dell’attività lavorativa. Dopotutto, un lavoratore demotivato è più esposto al rischio di commettere errori legati a distrazioni. Le dirette conseguenze sono la messa in atto di una serie di comportamenti che di fatto ostacolano la produttività lavorativa. Questi comportamenti spaziano dal riempire inutilmente la propria scrivania con cartelle, colpire rumorosamente la tastiera per far credere ai propri colleghi che si sta effettivamente svolgendo un’attività utile, aggirarsi per i corridoi con aria seria e preoccupata, fino al portarti il lavoro a casa anche quando non sarebbe necessario. Tutto questo porta ad un diretto peggioramento dell’ambiente lavorativo con il rischio di demotivare anche i propri colleghi e danneggiare i rapporti con questi ultimi, messi sotto stress dall’atmosfera dilagante di noia e scarso rendimento.
Per via di questi aspetti, il bore-out è un fenomeno molto insidioso e molto difficile da riconoscere, anche a causa di una mentalità ormai diffusa secondo la quale l’essere stressati per un sovraccarico di lavoro è simbolo di ottima produttività, mentre uno scarso rendimento è legato esclusivamente all’incompetenza della risorsa o ad una sua mancanza di volontà di lavorare.
Ma quali sono le cause di questo complesso fenomeno?
Non si può certamente dire che il bore-out sia un fenomeno recente. Il rischio di alienarsi dalla propria attività lavorativa c’è sempre stato, tuttavia il fenomeno ha assunto una portata preoccupante a seguito della pandemia da covid 19. Il passaggio da un’attività full smart, quindi estremamente flessibile, al ritorno in ufficio, quindi ad orari e ritmi tendenzialmente più rigidi ha avuto un impatto non indifferente sui lavoratori, così come le conseguenze della Great Resignation (per approfondimenti consultare questo articolo) che alimentano quel sentimento di demotivazione pervasiva. A queste fenomeni globali, si aggiungono anche alcune scelte di strategiche aziendali poco funzionali, come il presenzialismo, (fenomeno molto diffuso in Italia, che costringe i dipendenti ad aspettare la fine dell’orario lavorativo per tornare a casa anche quando le attività lavorative sono terminate), scarso coordinamento del team di lavoro, distribuzione non appropriata di carichi lavorativi o iperqualificazione (fenomeno tipico del settore terziario, che prevede il collocamento di persone con avanzata formazione accademica in attività routinarie e poco stimolanti).
Fortunatamente, esistono diverse strategie per affrontare la sindrome di bore-out. Tra queste ricordiamo:
– attenzione nella gestione del team, del personale e dei carichi di lavoro;
– puntare su flessibilità, dando la libertà alle risorse di gestire liberamente il proprio tempo lavorativo, così come orari di ingresso e di uscita (verificando ovviamente che gli obiettivi prestabiliti vengano raggiunti);
– fissare più incontri tra responsabili e membri del team, per ricevere feedback costanti sulla situazione in modo da agire preventivamente.
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