Il naturalismo pedagogico di Célestine Freinet si inserisce nel complesso quadro storico del secondo Novecento: dopo la prima guerra mondiale, l’avvento dei regimi autoritari portò la popolazione ad una esasperazione dovuta alle privazioni delle conquiste ottenute precedentemente (diritto allo sciopero, alla riunione, etc.).
È in questo clima di insoddisfazione che Freinet, sostenitore di una cultura popolare, inizia ad elaborare un nuovo metodo pedagogico fruibile a tutti. Più che di metodo pedagogico, si deve, in effetti, parlare di ‘tecniche’ didattiche per rinnovare l’insegnamento scolastico e ridefinire le finalità dell’educazione.
Freinet nota delle mancanze sia sul piano della tradizionale attività didattica, sia riguardo al materiale cartaceo di studio (libri, manuali).
Come interviene Freinet?
Il Freinet cerca di strutturare un’attività didattica alternativa che non sia limitata allo studio continuo dei materiali di testo, ma che, piuttosto, sia vissuta in prima persona dall’alunno che per la prima volta svolge una lezione all’aria aperta, fuori dalle polverose aule buie e si confronta con il maestro attraverso le osservazioni dei fenomeni, a diretto contatto con la natura e con la realtà sociale.
Tutte le osservazioni fatta all’esterno dell’aula, e sulle quali il maestro basava il proprio insegnamento, dovevano avere un’importanza tale da riuscire a sostituire il rigido e schematico libro di testo, con una nuova tipologia di libro redatto collettivamente.
È proprio questa l’innovazione più celebre del Freinet, la redazione di un ‘libro di vita’, esposto e presentato ad altre classi per fornire spunti di riflessione e discussione, creando una vera e propria corrispondenza interscolastica.
Ma come avveniva la redazione pratica del ‘libro di vita’? Come fanno i ragazzi e il maestro ad elaborare un prodotto innovativo senza quei cospicui fondi che il Municipio rifiuta di destinare alla scuola?
L’innovazione più importante introdotta dal Freinet è l’introduzione della tipografia in classe con un duplice finalità: mettere nero su bianco le osservazioni e le esperienze vissute con il gruppo, e permettere agli alunni di godere di una quotidianità scolastica attiva che giova anche e soprattutto all’apprendimento pratico.
Scrive lo stesso Freinet che “la tipografia a scuola ha fatto diventare pratica quotidiana la libera espressione e l’attività creativa dei nostri alunni. Attraverso l’esperienza, più efficace dei ragionamenti che pretendono di essere scientifici, ha aperto nuovi orizzonti a una pedagogia basata sugli interessi reali, generatori di vita e di lavoro. Ha ristabilito l’unità del pensiero, dell’attività e della vita infantile; ha integrato la scuola nel normale processo di evoluzione individuale e sociale degli alunni”.
La pressa, l’inchiostro, la carta, sono tutti elementi che i bambini da questo momento possono toccare con mano e che li impegnano materialmente per creare prodotti nuovi che raccontino il loro modo di osservare e vivere la realtà. Tutta la produzione cartacea, però, non veniva abbandonata ma l’ingente quantità di materiale prodotto veniva raccolto tramite un apposito strumento, lo schedario, la cui elaborazione impegnò numerose persone, tra cui molti collaboratori del Freinet per far sì che potesse diventare una sorta di enciclopedia del sapere infantile fruibile a tutti.
La Dott.ssa Rita Laneve il 27 e 28 Ottobre terrà un workshop a riguardo, “I metodi pedagogici: come sceglierli e utilizzarli nei vari contesti educativi”, durante il quale si parlerà non solo delle tecniche di Freinet ma anche di molti altri metodi pedagogici (Montessori, Rousseau, etc.) e di come sceglierli in base ai diversi ambienti scolastici.
Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.