CHE COS’È IL COMPORTAMENTO PROSOCIALE?

La prosocialità è la competenza a favorire, senza la ricerca di ricompense esterne, estrinseche o materiali, altre persone, gruppi o fini sociali oggettivamente positivi, secondo i loro criteri. La maggior parte degli psicologi intende la prosocialità come qualsiasi comportamento diretto a beneficiare le altre persone. Perché un’azione si possa considerare prosociale, il ricevente della stessa deve inoltre accettarla, approvarla ed esserne soddisfatto. Questo tipo di comportamento aumenta le probabilità di generare una reciprocità positiva e solidale nelle relazioni interpersonali o sociali successive, migliorando l’identità, la creatività, l’iniziativa positiva e l’unità delle persone o dei gruppi implicati (Roche, 1997). Gli psicologi sono stati spesso curiosi di trovare le risposte al perché le persone si impegnano in comportamenti prosociali. Una teoria, che risponde a tale quesito, è la selezione parentale: c’è una tendenza più alta a aiutare coloro che sono legati a noi più di altri. Un’altra teoria chiamata norma di reciprocità parla della necessità di aiutare qualcuno in modo che anche lui possa aiutarci in cambio. L’empatia e i tratti altruistici della personalità sono due altre ragioni che portano le persone a impegnarsi in comportamenti prosociali.

TRA COMPORTAMENTO PROSOCIALE E ALTRUISMO

Nel comportamento prosociale c’è una tendenza a prevedere premi psicologici o sociali che aiutano il comportamento, mentre l’altruismo è quando una persona aiuta un’ altra senza alcun interesse a ottenere benefici. Una persona altruista non si aspetta niente in cambio per il suo aiuto. Questo è il motivo per cui alcuni considerano l’altruismo come la forma più pura del comportamento prosociale. Prestare aiuto o dimostrare altruismo verso chi è in difficoltà può sembrare un gesto naturale ma, diversi avvenimenti di cronaca sembrano smentirlo. Sono noti, infatti, numerosi episodi di mancato soccorso come quello di Kitty Genovese, una giovane donna assassinata in piena notte in un sobborgo newyorchese nel 1964, il cui evidente bisogno di aiuto non sollecitò alcun intervento da parte delle persone presenti. Numerosi studi sperimentali dimostrano che essere testimoni di situazioni di pericolo insieme ad altri può  ridurre la prontezza a prestare aiuto anziché sollecitare altruismo verso le vittime.

Non esistono individui dotati di altruismo “in assoluto”; la psicologia sociale sottolinea come i comportamenti d’aiuto dettati dall’altruismo siano piuttosto il risultato dell’interazione tra le caratteristiche personali di ogni individuo e le specifiche situazioni di vita che egli si trova ad affrontare. Ciò vuol dire che le persone possono essere guidate dall’altruismo e fornire aiuto in un determinato contesto ma non in un altro.

I comportamenti prosociali, si muovono da motivazioni come lo stesso altruismo, l’empatia, la reciprocità, l’innalzamento dell’autostima e la gratitudine, ma comportano anche un costo in termini di stress, tempo, pericolo per sé stessi: si fornisce aiuto solo se la percezione dei benefici provocati dal proprio altruismo supera i costi ad esso associati. Come osserva Serge Moscovici (1994), esibire oggi comportamenti prosociali dettati da altruismo sembra quasi “controtendenza” in una società fondata sul primato dell’interesse e del successo individuale, in cui è l’egoismo la norma culturale dominante. In questo senso, molti sono gli studi avviati negli ultimi anni su programmi per educare alla prosocialità.

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EDUCARE ALLA PROSOCIALITÀ

Il comportamento prosociale si sviluppa nei bambini a partire dai primi due anni di vita, grazie a tre fattori principali:

  • L’osservazione ripetuta e costante del comportamento delle figure genitoriali, o di chi ne fa le veci: osservando come le figure di riferimento si relazionano con essi e con gli altri, i bambini imparano a comprendere le emozioni e i bisogni propri e altrui ed interiorizzano il senso dell’empatia.

  • Lo sviluppo della facoltà di percezione-azione nel sistema nervoso, che stimola le capacità empatiche.

  • Le caratteristiche dell’ambiente familiare e culturale in cui si cresce: un ambiente in cui si sottolinea l’importanza della relazione con l’altro, del suo rispetto, dell’ascolto delle esigenze e dei suoi sentimenti, dell’interdipendenza reciproca, della prossimità, della fiducia e dell’aiuto reciproco, sviluppa nei bambini un forte senso di responsabilità sociale e di prosocialità

Per queste ragioni, è rilevante educare i bambini alla prosocialità, all’altruismo e alla solidarietà, al fine di prevenire e ridurre spiacevoli episodi di violenza e aggressività . Ci sono 3 importanti atteggiamenti prosociali che un bambino dovrebbe imparare e un genitore dovrebbe insegnare:

  • Comportamento prosociale dell’aiutare.  Insegnare a un bimbo a rimuovere la sofferenza di un’altra persona, permette di aumentare il suo senso di realizzazione e la consapevolezza di essere una brava persona.
  • Comportamento prosociale del cooperare: I bambini che non sono in grado di cooperare fanno molta più fatica nel riuscire a lavorare efficacemente con gli altri, durante i loro anni formativi. Inoltre, dalla cooperazione i bambini imparano a delegare le responsabilità.
  • Comportamento prosociale della condivisione. Un bambino che è in grado di condividere i suoi giocattoli con gli altri è destinato a diventare un adulto generoso.

Non si dovrebbe mai smettere d’incoraggiare il proprio bimbo ad aiutare, condividere e cooperare. Questi tre comportamenti prosociali non dovrebbero mancare mai nell’educazione di un bambino.

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